I, SHAKESPEARE

I SHAKESPEARE


I SHAKESPEARE è un dispositivo di indagine sulle forme del racconto teatrale: 5 spettacoli che sono occasione per 5 personaggi shakespeariani di raccontare, e  rivivere, 5 opere del drammaturgo inglese, realizzando 5 spettacoli ulteriori, imprevedibili  e  dirompenti.  Alla Biennale  di  Venezia  2013  saranno presentati
I BANQUO prodotto dalla Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse,
I PEASEBLOSSOM prodotto da Accademia degli Artefatti, e i debutti nazionali di I CINNA coprodotto da CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia e lo studio di I CALIBAN coprodotto da L'Uovo Teatro Stabile di Innovazione. Nel 2014 il debutto di I MALVOLIO, ultimo lavoro della pentalogia.


I SHAKESPEARE / I CROUCH / I …
- chi è io?

L’ IO del titolo è un manifesto teatrale e politico insieme: per scoprire chi è quell’IO bisogna prendere parte alla messa in scena, con tutti i ruoli che questa mette a disposizione, compreso quello dello spettatore. Ruoli che Tim Crouch rende opachi, ambigui, sempre al confine di se stessi. Quell’IO, la sua complessa asserzione, sembra segnare l’inizio di una nuova convenzione teatrale: è un’IO di tutti, da contrattare continuamente nel momento stesso della sua rappresentazione.
Quell’IO è una porta, e forse anche la chiave, per entrare in un luogo dove si può decidere di chi è la verità e la finzione, il pensiero e l’emozione. O forse la porta, e la chiave, per entrare in un territorio in cui verità, finzione, pensiero ed emozione, sono semplicemente oggetti comuni delle nostre continue e presenti relazioni, sceniche e quotidiane. In teatro, e fuori di esso. Un territorio di democrazia del pensiero. In cui il racconto e la rappresentazione siano oggetto di creazione continua e condivisa. Oggetto di realtà.
I SHAKESPEARE è un progetto che interroga la convenzione teatrale, mettendola in crisi, e verificandone la possibilità attuale di parlare del, e al, presente, a partire da testi che della stessa convenzione teatrale ne hanno segnato le fondamenta. Tim Crouch permette così di ripensare politicamente il teatro, riguardo ai meccanismi e alle geometrie relazionali che mette in campo: chi decide cosa è la verità? Chi è il vero soggetto del discorso? Chi ha il potere di raccontare ‘come vanno le cose’? Qual è il ruolo dello spettatore, di chi guarda? In che termini può sentirsi rappresentato? A cosa dobbiamo e possiamo credere?
5 spettacoli che sono 5 diversi modi di relazione con il testo, con l’interpretazione e con lo spettatore, che però partono da una premessa comune: si tratta di lavorare su un’esposizione pornografica di sé come attore e come persona, e di riposizionare il proprio corpo e i propri pensieri nel contesto scenico quotidianamente riattualizzato.




 

I BANQUO di Tim Crouch

traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri

con Enrico Campanati e
Matteo Selis

Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse_2013

BANQUO è il generale dell’esercito scozzese di Re Duncan che Macbeth, nell’omonima tragedia shakesperiana, fa uccidere come avversario della sua corsa al trono.

IO BANQUO,
- che faresti al posto mio?
Testimone inutile, prima perché ucciso e messo a tacere e ora nella sua forma di fantasma, Banquo prova a ricomporre i segni di una violenza di cui è stato vittima, insieme al suo Re e al suo stesso intero Paese. Ma a riviverle le cose non sembrano poter prendere un altro corso. Tutto è quello che è già stato. Resta solo  la struggente sensazione che a fare le stesse cose potesse essere qualcun altro – pur dovendosi così sporcare le mani di sangue, passando dal ruolo di vittima a quella di carnefice. Macbeth e la sua Signora sono solo i corpi passeggeri di una voglia di potere che attraversa il tempo senza mai trovare soddisfazione, rivoltando lo stato delle cose, con l’unica conseguenza di lasciarlo sempre uguale a se stesso: territorio di conquiste, reali e effimere, ma pur sempre tragiche.
Il sangue è il segno di questa storia. Un sangue capace di sporcare anche i fantasmi (e gli spettatori, certo). Un sangue che poi si lava via, solo per lasciare spazio ad altro sangue. Banquo è il fautore di una visione. O ne è il protagonista. O forse solo un personaggio in mezzo ad altri. Resta da capire ognuno al posto di un altro come si comporterebbe. Banquo al posto di Macbeth. Uno spettatore al posto di Banquo. E ognuno, al suo posto o in quello di un altro, potrà rispondere alla domanda:  il potere chi logora veramente?



Accademia Degli Artefatti_2013

I PEASEBLOSSOM di Tim Crouch

traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri

con Matteo Angius e
Fabrizio Arcuri

Accademia Degli Artefatti_2013

FIORDIPISELLO è un folletto di Sogno di una notte di mezza estate. Appare due volte nel testo di Shakespeare, che gli affida una sola battuta: ‘Sono pronto’.

IO FIORDIPISELLO,
- la mia ribellione silenziosa.
‘Avevo qualcosa da dirvi di importante…ecco adesso l’ho dimenticata…tornerà.’
Un personaggio non può dire quello che vuole. E se l’autore non gli fa dire niente, anche se lui avrebbe un sacco di cose da dire? Tim Crouch da un’altra, unica e ultima, possibilità a Fiordipisello, rimettendo in gioco il rapporto tra quest’ultimo e Shakespeare.
Ecco allora i sogni dell’ultimo dei folletti per raccontare la storia di un sogno. Quello di una notte di mezza estate. Il tormento e il divertimento di una condizione fantastica, ma anche così tanto reale, di chi forse avrebbe qualcosa da dire, se qualcuno gli dicesse cosa. Questa volta a Fiordipisello non mancano le parole (se non proprio quelle che lo hanno reso il personaggio che è, eche Fiordipisello prova a ricordare con una nostalgia irriducibile): gli mancano gli attori della storia di cui è autore ulteriore. Non resta che coinvolgere gli spettatori in un gioco moltiplicato di legittimità  rappresentativa: chi può dire cosa e come? Gli spettatori, invitati inconsapevoli di un Sogno, diventano ora protagonisti della sua rappresentazione. Tutto è quello che era, ma è già qualcos’altro di cui non sappiamo ancora nulla.
Quel che resta di una festa (maschere e coriandoli ovunque, cibo, vino e vomito sul pavimento, echi di musiche lontane) e amori, consumati o inconsumabili, disegnano la vertigine in cui cade Fiordipisello, nel tentativo ultimo di essere se stesso (o quello che lui crede di essere). Un tentativo che è quello di tutti, testimoni silenziati di una storia a cui non possiamo rinunciare di partecipare.


 

I CALIBAN di Tim Crouch

traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri

con Fabrizio Croci 

Accademia degli Artefatti - L'Uovo Teatro Stabile di Innovazione Onlus_2014

CALIBANO: unico abitante dell’isola da cui Prospero, che lo fa suo schiavo, scatena la Tempesta. Figlio della strega Sicorace, ‘non onorato di forma umana’.

IO CALIBANO,
- alla conquista dell’altro mondo.
L’isola è ora questo palcoscenico in cui il selvaggio Calibano è lasciato solo a rivivere la Tempesta shakespeariana. L’isola torna così, con Crouch, di proprietà legittima del suo unico abitante mortale: il mostro Calibano, illuminato dall’idea di dare vita ad una nuova razza che nascerebbe dal suo incontro carnale con Miranda. Calibano è il Nuovo Mondo, ma anche l’Ultimo. E’ il rappresentante barbaro di un’altra idea di natura e anche di civiltà, e delle sue possibili (e impossibili) rivoluzioni. Crouch ne fa l’occhio e la voce di una nuova tragica possibilità di vita, o per lo meno di un suo racconto. Calibano ricostruisce sull’isola-palcoscenico la sua personalissima tragedia: in suo aiuto ci sono occasionali marianotte con cui Calibano, marionetta mostruosa anch’esso, può riaffogare nelle sue memorie, riemergere dai postumi dei suoi giochi magici e delle sue bottiglie di vino. La violenza dei giusti contro la giustizia (ingiusta) della storia e della sua letteratura. Uno squarcio intimissimo sul colonialismo culturale. Una ribellione dolcissima e già sconfitta. Una struggente ballata sulla nostalgia e sull’abbandono. Con abbondanti schizzi d’acqua per tutti.
‘L’avversione del diciannovesimo secolo per il realismo è la rabbia di Calibano che vede il suo volto in uno specchio. L’avversione del diciannovesimo secolo per il romanticismo è la rabbia di Calibano che non vede il suo volto in uno specchio’ (Oscar Wilde)


 

I CINNA di Tim Crouch

traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri

con Gabriele Benedetti


Accademia degli Artefatti | CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia_2013

POPOLANO: Il nome, signore, dite la verità.
CINNA IL POETA: La verità è che mi chiamo Cinna
POPOLANO: Fatelo a pezzi. É un congiurato.
CINNA IL POETA: Io sono Cinna il poeta, sono Cinna il poeta
POPOLANO: Allora fatelo a pezzi per le sue brutte poesie.
(William Shakespeare, Giulio Cesare, Atto III, Scena III)

IO CINNA,
- le mie parole come coltelli.
Cinna è un poeta perchè scrive poesie? O solo perchè dichiara di esserlo? O semplicemente perchè il suo autore decide di definirlo così, Shakespeare prima e Crouch dopo? (sciogliendo così, didascalicamente, l’ambiguità dell’identità di Cinna: congiurante di Cesare o solo vittima di uno scambio di persona?)
In Shakespeare c’è Cinna il console congiurante e Cinna il poeta. Ma il nome vale di più della persona. Il nome vale una morte ingiusta.
Crouch riconsegna un Giulio Cesare rivisto con gli occhi, e riscritto con le parole,  di un ciondolante poeta che fa brutti sogni, e che non smette di trovarsi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. Come la Storia segna la vita di chi vi prende parte, anche malgrado lui?
Una scrittura continua della propria storia a cui gli spettatori possono partecipare. Questa è la vendetta di Cinna il poeta contro se stesso, e contro le parole e contro il popolo che lo ha ucciso: imparare nuovamente la propria storia e costruirne una nuova rappresentazione. Un racconto che non passa solo attraverso il media verbale ma anche quello delle immagini, specchi che moltiplicano una verità politica e sociale, dolorosamente irriducibile.

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